La biodanza mette dinanzi a noi due piatti, di cui uno è vuoto e l’altro è pieno, il piatto pieno dista da noi un passo, invece quello vuoto è alla portata della nostra mano. Noi per istinto sappiamo che il piatto pieno è quello che ci sazierà, ma dobbiamo fare quel passo, un solo passo che ci permetta di raggiungere quel piatto pieno, e quel passo è il nostro coraggio.
Non posso spiegare cosa sia stata per me la biodanza; è indescrivibile. Dapprima ero un uomo, poi una donna e poi ancora una donna e un uomo insieme, questo me essere uomo e questa me essere donna allo stesso tempo si mescolarono così bene tra loro fino a diventare, io, bambino. Le persone che danzavano con me diventarono alberi e fiori in movimento. Quando danzavamo, sparsi per la sala, avevamo la capacità di toccarci a distanza, senza che il nostro corpo fisico si toccasse veramente. Era tutto così armonioso. Tutto appariva così semplice e vero. Tutto sprizzava luce come il rosso di un rubino. Persi il controllo del mio corpo. Vedevo me, Poi vedevo gli altri ballare, ma era come vedere una sola entità.
Vedevo un universo. Anche la comunicazione della biodanza è indescrivibile, inoltre.
Difatti le sessioni della biodanza sono il luogo giusto dove capire quanto siano futili e superficiali le nostre parole in confronto a uno sguardo, a una carezza e a un dire ti amo servendosi dei propri occhi.
(Dario Mingione – Catania)